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Esistono differenze di marcatura individuale tra uomo e zona?.

Negli ultimi anni in Italia abbiamo assistito ad un generale cambiamento tattico difensivo: dalla tradizionale marcatura ad uomo (uno o due difensori in marcatura stretta ed il libero in copertura) siamo passati alla marcatura nella zona (tre-quattro-cinque-difensori distribuiti sull’ampiezza del campo con compiti di responsabilità diretta nello spazio ripartito).
L’affermazione ricorrente tra gli addetti è: "oggigiorno non si sa più marcare ad uomo".

Andiamo ora ad analizzare se e quali differenze si verifichino nelle marcature individuali dei due diversi atteggiamenti difensivi. Quali possono essere le cause?
  • È un discorso di didattica specifica abbandonata, di scarsa applicazione da parte degli allenatoriI, i quali ultimamente preferiscono dedicarsi alla tattica collettiva più che a quella individuale?
  • Oppure questa situazione è l’effetto di un problema più grande, dovuto alla maggiore complessità nel sistema cognitivo a zona (e cioè al maggior numero ed alla qualità delle variabili da considerare e quindi delle informazioni e delle percezioni necessarie al difensore)?

Cerchiamo di entrare nella problematica:
A) UOMO
  • Col libero le variabili sono date da palla, avversario e porta (col significato anche di quanto distante dalla porta).
  • Lo spazio pericoloso è garantito ed assicurato dal libero, il quale decide cosa e come fare a seconda delle situazioni.
  • L’organizzazione difensiva è semplificata: basta predeterminare l’interazione tra due (tre) giocatori con compiti prefissati (in marcatura ed in copertura)

Gli spazi nella marcatura ad uomo:
  • Generalmente sono protetti o coperti dal libero
    • con palla sul fondo il libero, se non ha compiti di marcatura in quanto la difesa è in superiorità numerica, si pone a copertura dello spazio della prima metà della porta (si mette entro il primo palo) per limitare lo spazio di anticipo all’attaccante avversario marcato dal compagno;
    • su difesa disposta regolarmente, in generale si pone sulla linea immaginaria tra marcatore e porta, in modo da proteggere sia lo spazio alle spalle (e consentire così l’uso dell’anticipo al compagno): se la palla è lunga, il libero va sulla palla e/o in eventuale cambio naturale di marcatura;
    • su palla laterale il libero va a coprire la zona "corta", cioè la pericolosa zona di anticipo dell’attaccante sul marcatore;
    • con due marcatori il libero generalmente si dispone alle loro spalle in posizione da poter coprire entrambi; quando ciò non è possibile, egli deve proteggere il marcatore più vicino alla porta;
    • il libero decide di dare o meno profondità agli avversari, salendo in linea col marcatore
  • È facile il fuorigioco individuale: sia per il libero, sia per ogni difendente che si trovi da solo con l’avversario alle spalle del libero.
  • È semplificato anche il fuorigioco collettivo: basta applicare la regola di gioco di "non dover mai vedere il numero della maglia sulle spalle del libero" e cioè non stargli mai dietro; se avanza lui , avanzo anch’io, cercando di rimanere sulla sua linea o seguirlo nell’avanzamento.


Cosa significa quindi per il marcatore?
  • Il suo primo e spesso unico problema è il diretto avversario.
  • Lo spazio di competenza è la propria zona d’ombra oppure lo spazio a disposizione dell’avversario diretto (che è limitato sia dalla zona luce del possessore palla, sia dalla posizione del libero).
  • Le variabili sono note e chiare (palla-avversario-porta).

Ad uomo la logica difensiva quindi possiede caratteri precisi, definiti, comprensibili e con responsabilità di intervento predeterminabili. Grazie alle variabili note il difendente è in condizione di trovare la giusta posizione ed a rispondere ad ogni situazione con relative variazioni.
Egli ha certezze di comportamento, conosce i propri doveri e comprende a quali input reagire.
L’intervento dell’allenatore, in questo caso, diventa abbastanza facilitato per quanto attiene l’organizzazione collettiva, mentre si fa altamente sofisticato per quanto riferente al comportamento del singolo, sia esso un marcatore, sia per il libero.


B) ZONA
  • Aumentano le variabili da controllare: non solo palla-avversario-porta, ma c’è anche lo spazio da proteggere, specie se la squadra non è corta (ed in area non lo è).
  • Rimane sempre il dubbio amletico: MARCARE O COPRIRE?

Alle spalle non c’è il cambio automatico di marcatura come con la marcatura ad uomo; il libero predeterminato non esiste più a proteggere la profondità; il compagno di linea non è sempre direttamente tra marcatore e porta ed a volte può anche non esserci del tutto, perché impegnato in marcatura, oppure in copertura di altro spazio.
  • È richiesta quindi una organizzazione difensiva più complessa: bisogna inoltre sempre relazionarsi con i compagni di linea, in modo da cercare di formare un unico blocco (e non è detto che esso assuma sempre la stessa forma)
  • Diventano fondamentali per il difensore la capacità di orientamento in campo e la conoscenza di regole di gioco comuni
  • C’è il vantaggio che gli spazi pericolosi a disposizione degli avversari sono molto ridotti, data la vicinanza degli altri difensori

Cosa fare?
  • Poiché i compiti e le funzioni del difendente sono più ampi ed imprevedibili, dato l’aumento e la complessità delle variabili da controllare, l’attività dell’allenatore è cercare di rendere i comportamenti semplificati, riconoscibili da tutti ed attuabili.

Con un piccolo vantaggio: poiché gli spazi di competenza per ogni difendente sono facilmente preordinabili, i compiti individuali diventano abbastanza identificabili , quindi di agevole applicazione, usando per esempio le regole di gioco come:
  • "palla libera o palla coperta";
  • squadra corta, interscambiabilità dei ruoli, essere sfalsati, pressione sulla palla;
  • in area su palla dal fondo si rischia di essere attratti solo dalla palla e di trovarsi sotto la sua linea e quindi perdere la marcatura del diretto avversario. Bisogna quindi semplificare e predeterminare i compiti (in superiorità numerica bisogna disporre l’uomo entro il primo palo e gli altri a marcare ad uomo, finché non si sente un compagno chiamare il cambio. In parità numerica si marca; in inferiorità si copre lo spazio ristretto dell’imbuto);
  • man mano ci si avvicina alla porta e la palla è vicina, stringere le marcature.


Si marca quindi in modo diverso? Assolutamente no.
Non c’è differenza di comportamento quando si deve di marcare e cioè di occuparsi direttamente di un avversario, sia in una disposizione ad uomo, sia a zona. I parametri di riferimento sono sempre gli stessi (palla-porta-avversario).
La differenza si concretizza nel fatto che:
  • ad uomo la distanza dall’avversario viene determinata dal difensore, perché, trovandosi sempre nei pressi dell’avversario, il difensore stringe o allenta la marcatura a seconda della distanza della palla ed in situazione; quindi è sempre pronto ad anticipare e lottare per la conquista della palla;
  • a zona il difensore non sempre è in condizione di poter determinare nell’immediato la distanza dall’avversario, perché agli stessi parametri della marcatura ad uomo si devono aggiungere: il fatto di non dover e poter seguire l’avversario per tutto il campo; dover osservare il comportamento dei compagni; dover garantire la copertura del proprio spazio ed infine esiste sempre la possibilità di inserimenti in quello spazio in modo libero da parte di avversari diversi e con tempi di gioco differenti.

Per questi motivi a zona l’attenzione e la concentrazione mentale, unite alle conoscenze tattiche collettive predeterminate dall’allenatore, diventano fondamentali.
L’elasticità decisionale nel decidere se "Marcare o Coprire" (con il rischio di perdere il proprio uomo) e la distanza iniziale dall’avversario diretto rischiano di far apparire diverso l’atteggiamento nel marcare individualmente.
In realtà quando si decide di "attaccarsi" all’avversario le regole sono sempre le stesse.
La difficoltà consiste nel fatto che a zona la marcatura non rimane costante: sul movimento in ampiezza dell’avversario, quasi sempre lo si cambia con un compagno; in partenza non sempre si è già in stretta marcatura; spesso l’avversario arriva nella propria zona già in movimento; questi ed altri fattori fanno pensare che oggi non si sia più capaci a marcare individualmente.


Conclusione
  • Non si può affermare che a causa della marcatura a zona si sia persa l’ abilità nella marcatura ad uomo, ma che certamente è cambiata la didattica.
  • L’allenamento diventa più complesso e l’abilità dell’allenatore è di far risaltare in modo collettivo le variabili comuni, semplificandole; nello stesso tempo deve continuare sul lavoro individuale dell’1:1 nelle varie situazioni di gioco
  • Non privilegiare una cosa rispetto all’altra ( allenamento collettivo- allenamento individuale): esse sono interdipendenti e necessarie.