Il calcio nella prima adolescenza.
Per molti giovani il calcio non costituisce solo il primo amore ma gli dimostrano pure una fedeltà sconosciuta ai praticanti della maggior parte delle altre discipline sportive. Infatti, da un’indagine condotta dal Settore Giovanile Scolastico della FIGC* emerge chiaramente che 86,1% di 694 calciatori intervistati (11-18 anni) appartenenti alle principali società sportive ha iniziato a praticare sport proprio con il calcio senza mai impegnarsi in un'altra disciplina.
Questo dato sale, inoltre, al 100% se i genitori sono in possesso della licenza elementare, mentre scende al 75% per quelli che hanno il padre laureato. In relazione alla categoria esordienti già questi risultati permettono di formulare alcune considerazioni pratiche, ma accanto a ciò va preso in considerazione un altro aspetto importante che caratterizza il calcio in questa fascia di età. Mi riferisco all’introduzione dell’11 contro 11, che avvicina sempre più i ruoli e il gioco a quello del calcio praticato nei campionati. In sintesi cosa ci dicono queste informazioni:
Cosa è più importante per diventare un calciatore
I giovani esordienti che hanno partecipato a questa indagine ritengono che per diventare un calciatore di buon livello sono molto importanti le seguenti condizioni: avere fiducia in se stessi (è molto importante per l’85,5%), allenarsi molto (78,7%), fare sacrifici (70%), sapersi divertire giocando (56,7%), avere accanto persone che credono in te (52,4%) e avere un buon allenatore (50,6%).
Quindi, si evidenzia che già a 11 anni questi ragazzi credono nell’impegno personale come elemento principale per avere successo nel calcio.
E’ interessante notare come questi ragazzi delle medie inferiori hanno idee abbastanza precise su cosa è importante per un bambino che comincia a giocare.
Si riscontra che l’81,8% pensa che sia molto importante il divertimento mentre sono poco importanti il vincere molte partite (66,9%) e il ricoprire un ruolo specifico in campo (47,96%). L’avere un bravo allenatore è molto rilevante per il 53,3% di loro. Altri aspetti che dovrebbero essere soddisfatti dall’avviamento al gioco del calcio riguardano l’essere inseriti in un buon gruppo-squadra (47,5%) e l’essere seguiti dai genitori (34,7%).
Gli aspetti specifici del gioco del calcio, come imparare la tecnica calcistica e imparare a stare in campo e il giocare sempre sono considerati come necessari ma meno importanti rispetto a quelli citati precedenza. Infine avere come punto di riferimento un campione è molto importante solo per il 21,4%: sembra in ultima analisi che l’orientamento sia quello di dare centralità alla propria persona, piuttosto che delegare ad altri meriti o responsabilità.
La motivazione degli esordienti
Il gruppo degli esordienti si caratterizza per un’ampia distribuzione dei dati che portano ad evidenziare ben nove fattori motivazionali, rispetto ai sette riscontrati nei giocatori di età superiore.
Ciò dipende in larga parte dal loro sviluppo cognitivo ed emotivo che non permette ancora di fornire risposte alle 32 affermazioni del questionario in maniera così coerente come è stato invece registrato per i ragazzi di età superiore.
I fattori identificati sono i seguenti:
Rispetto ai calciatori delle categorie successive si evidenzia che il bisogno di far parte di una squadra, di collaborare insieme e di avere uno spirito di squadra, che costituiscono il fattore squadra, non formano un unico fattore indipendente.
In tal senso, il raggiungere obiettivi sportivi di squadra sembra non essere ancora una componente fondamentale del loro modo di vivere il calcio. Infatti, ognuna di queste tre ragioni si correla a fattori motivazionali distinti e riguardanti l’abilità sportiva, il divertimento e l’esercitarsi in gruppo.
La coesione di squadra non è considerata come aspetto indipendente dagli altri e sembra che i giovani non la considerino un obiettivo da perseguire se si vuole competere con soddisfazione. Viceversa, dopo i 13 anni l’unione della squadra diventa un fattore motivazionale specifico, che viene riconosciuto dai ragazzi come uno degli elementi essenziali che li mantiene coinvolti nella pratica del calcio.
Nella fascia di età di 12-14 anni i giovani entrano nell'adolescenza che per ognuno di loro rappresenta un periodo di grandi cambiamenti biologici, psicologici e sociali e che terminerà con l'entrata del giovane nell'età adulta.
Questa è la cornice in cui s'inseriscono questi primi cambiamenti e che fanno capo a un più globale movimento dell'individuo verso la conquista della propria 'autonomia e indipendenza.
Questa età si caratterizza per la lotta del giovane verso l'affermazione di una propria identità personale.
I ragazzi tendono a porre in discussione le figure e le regole date loro dai genitori, a cui cominciano a contrapporsi con l'affermazione di propri modi di fare.
In questa fase assume grande rilevanza la ricerca di nuovi amici con cui condividere le proprie idee e da portare come riferimento ai genitori per sostenere modelli diversi da quelli parentali.
Inoltre, i ragazzi tendono ad esprimere la loro vicinanza anche emotiva attraverso il loro comportamento non verbale e le azioni piuttosto che con le parole.
Genitori compiacenti o assecondanti ogni richiesta del ragazzo possono svolgere una funzione particolarmente negativa e venire percepiti come delle persone deboli.
A questo riguardo in psicologia esiste una regola non scritta ma condivisa, secondo cui per lo sviluppo del giovane è meglio avere genitori autoritari piuttosto che genitori lassisti o eccessivamente democratici.
Al di là dell'apparente senso politico che possono avere termini come autoritario, questa regola significa che il giovane deve essere guidato attraverso un sistema di norme ben precise e che è assolutamente sbagliato non servirsene e non contrastare quelle richieste del ragazzo che a lungo termine rappresenteranno dei limiti invalicabili al suo sviluppo personale.
Il più importante di questi fattori che consentono lo sviluppo equilibrato è rappresentano dalla scuola.
In questa fascia di età i ragazzi concludono la scuola media inferiore e mediamente il tempo dedicato allo studio sia in coloro che praticano sport e sia negli altri giovani è di due ore al giorno: quindi non è vero che lo sport, in questo caso il calcio, rappresenti un ostacolo al progresso scolastico.
Cosa significa questo: i genitori devono avere veramente a cuore lo sviluppo dei loro figli e non fermarsi all'apparenza derivata dalla loro eventuale bravura nel giocare a calcio.
Non posso non dire che il risultato scolastico è assolutamente prioritario rispetto al risultato sportivo.
Certamente il ragazzo va messo nelle condizioni di poter svolgere con soddisfazione e piacere ambedue le attività, ma nel caso ciò non sia possibile l'apprendimento scolastico dovrà sempre essere messo al primo posto. Non scordiamoci che un ragazzo su 40.000 diventerà un calciatore professionista, e di quelli che hanno rinunciato o a cui i genitori hanno fatto rinunciare al titolo di studio che ne sarà? E non c'è solo la responsabilità della famiglia ma anche delle società sportive: cosa avete fatto per favorire l'integrazione fra calcio e scuola? Sembrano argomenti che toccano il libero arbitrio e che limitano la libera scelta, ma ricordiamoci che nel mondo in cui viviamo sono le persone competenti che vanno avanti mentre gli altri appartengono alla schiera di coloro che non possono scegliere perchè hanno troppo poche competenze. E questo ha un responsabile: la scarsa autorevolezza degli adulti (allenatori, dirigenti sportivi e genitori) che hanno educato questi giovani proprio in questo periodo critico compreso fra i 12-14 anni in cui si passa in maniera evidente dall'infanzia all'adolescenza.
Cosa bisogna fare.
Formulare dei programmi che consentano ai giovani di integrare le richieste della scuola con quelle del calcio, ma soprattutto le società sportive devono pretendere che i giovani calciatori abbiamo un buon profitto scolastico.
Condivido l'impostazione di chi sostiene: gioca chi è bravo a scuola! Bisogna che le società calcistiche s'impegnino nel convincere le famiglie che la competenza scolastica è essenziale, che loro sono d'accordo se il giovane non parteciperà a qualche allenamento perchè deve studiare, che il calcio può essere una professione solo per pochissimi.
Bisogna sfatare un mito o fai sport o studi: non è vero.
Che dire dei ragazzi che imparano uno strumento musicale pur progredendo nel loro percorso scolastico?
Sono convinto che è necessaria la collaborazione dei genitori e che le società sportive devono aiutare i giovani che non vanno bene a scuola.
A questa età gli amici svolgono un ruolo essenziale: per cui se il giovane calciatore percepisce che gli altri suoi coetanei studiano e ottengono risultati positivi, anche lui sarà convinto ad impegnarsi nella stessa direzione.
In tal senso le organizzazioni sportive possono assumere un ruolo chiave nell'influenzare i loro calciatori, sapendo che sarà sufficiente convincere un certo numero per ottenere un effetto positivo su tutti.
Il legame forte da consolidare e confermare con continuità è quello dell'appartenenza al gruppo-squadra.
Questa entità sociale contiene in se stessa gli elementi essenziali che permettono ai omponenti d'identificarsi con il gruppo e di condividere le regole anche se onerose per ognuno diessi.
Questa regole derivano dall'impostazione filosofica della socità sportiva e si concretizza in una serie di modi di pensare/sentire/agire che sono comuni ai membri dl gruppo.
Pertanto un gruppo che abbia come obiettivo il raggiungimento/mantenimento di un equilibrio fra profitto scolastico e sportivo avrà sicuramente successo nel favorire uno sviluppo equilibrato dei giovani.
Infine va ricordato che in un mondo complesso come quello in cui stiamo vivendo, qualsiasi giovane, soprattutto se avrà successo nello sport, deve possedere gli strumenti cognitivi per affrontarlo:
Basta pensare alle insidie del doping in cui molti atleti sono caduti anche a causa della limitatezza dello loro sviluppo intellettuale, mentre al contrario lo studio apre le menti e rende gli individui più competenti nel resistere agli imbrogli e alle apparenze di un successo costruito chimicamente.
Un altro aspetto che caratterizza l'attività che svolgono i giovani di 12-14 anni è il partecipare a competizioni e campionati ufficialmente riconosciute dalla FIGC.
Premesso che l'agonismo è uno degli aspetti costitutivi l'agire umano, la questione da porsi deve riguardare come insegnare ai ragazzi che competere e scoprire i propri limiti è un fatto positivo.
Se nel mondo degli adulti si va affermando la necessità del continuo miglioramento e, quindi, della necessità di essere consapevoli degli errori che si commettono, per partire da questi nell'impostare un programma di automiglioramento, bisogna che questo messaggio positivo sia insegnato ai giovani calciatori.
In particolare, a quelli di questa fascia di età che si trovano a confrontarsi con gli altri coetanei.
Quindi un modo per favorire l'accettazione della competitività, consiste per l'allenatore nel far comprendere ai calciatori che gli errori rappresentano l'unica opportunità di miglioramento e che bisogna assumersi la responsabilità del risultato delle proprie azioni.
E' abbastanza evidente che un simile approccio all'allenamento implica da parte del tecnico uno stile di conduzione del gruppo e comportamenti che siano improntati all'azione e all’impegno.
Questo dato sale, inoltre, al 100% se i genitori sono in possesso della licenza elementare, mentre scende al 75% per quelli che hanno il padre laureato. In relazione alla categoria esordienti già questi risultati permettono di formulare alcune considerazioni pratiche, ma accanto a ciò va preso in considerazione un altro aspetto importante che caratterizza il calcio in questa fascia di età. Mi riferisco all’introduzione dell’11 contro 11, che avvicina sempre più i ruoli e il gioco a quello del calcio praticato nei campionati. In sintesi cosa ci dicono queste informazioni:
- lo sport per questi preadolescenti s’identifica quasi unicamente con il calcio
- i genitori che portano i loro figli a giocare a calcio, e con maggiore frequenza quelli di livello socioculturale più basso, sono particolarmente motivati a sostenere la pratica del calcio come unico sport
- gli istruttori e gli allenatori devono prendere in considerazione nell’organizzare l’attività che per molti bambini lo sport si è caratterizzato come esperienza monosportiva
Cosa è più importante per diventare un calciatore
I giovani esordienti che hanno partecipato a questa indagine ritengono che per diventare un calciatore di buon livello sono molto importanti le seguenti condizioni: avere fiducia in se stessi (è molto importante per l’85,5%), allenarsi molto (78,7%), fare sacrifici (70%), sapersi divertire giocando (56,7%), avere accanto persone che credono in te (52,4%) e avere un buon allenatore (50,6%).
Quindi, si evidenzia che già a 11 anni questi ragazzi credono nell’impegno personale come elemento principale per avere successo nel calcio.
E’ interessante notare come questi ragazzi delle medie inferiori hanno idee abbastanza precise su cosa è importante per un bambino che comincia a giocare.
Si riscontra che l’81,8% pensa che sia molto importante il divertimento mentre sono poco importanti il vincere molte partite (66,9%) e il ricoprire un ruolo specifico in campo (47,96%). L’avere un bravo allenatore è molto rilevante per il 53,3% di loro. Altri aspetti che dovrebbero essere soddisfatti dall’avviamento al gioco del calcio riguardano l’essere inseriti in un buon gruppo-squadra (47,5%) e l’essere seguiti dai genitori (34,7%).
Gli aspetti specifici del gioco del calcio, come imparare la tecnica calcistica e imparare a stare in campo e il giocare sempre sono considerati come necessari ma meno importanti rispetto a quelli citati precedenza. Infine avere come punto di riferimento un campione è molto importante solo per il 21,4%: sembra in ultima analisi che l’orientamento sia quello di dare centralità alla propria persona, piuttosto che delegare ad altri meriti o responsabilità.
La motivazione degli esordienti
Il gruppo degli esordienti si caratterizza per un’ampia distribuzione dei dati che portano ad evidenziare ben nove fattori motivazionali, rispetto ai sette riscontrati nei giocatori di età superiore.
Ciò dipende in larga parte dal loro sviluppo cognitivo ed emotivo che non permette ancora di fornire risposte alle 32 affermazioni del questionario in maniera così coerente come è stato invece registrato per i ragazzi di età superiore.
I fattori identificati sono i seguenti:
- acquisizione di status: è composto da sei motivi che identificano il desiderio di diventare famosi e popolari tramite il calcio. Si evidenzia, pertanto, che lo sport già nei più giovani viene vissuto in termini di promozione sociale e di aspirazione a raggiungere i livelli più elevati di partecipazione
- Rinforzi estrinseci: è composto da tre ragioni: le prime due si riferiscono al ruolo svolto dai genitori e dai migliori amici nel sostenerli nella loro attività calcistica mentre la terza riguarda il desiderio di viaggiare. Si conferma l’importanza del ruolo svolto dalle persone per loro più significative nel favorire il coinvolgimento sportivo
- Forma fisica: è composto da tre ragioni che esaminano il ruolo attribuito all’ottenimento e al mantenimento della forma fisica
- Abilità: evidenzia il bisogno di acquisire e migliorare le abilità sportive e di far parte di una squadra..
- Aspetti della competizione: è composto dalle seguenti ragioni: gareggiare, rapporto con l’allenatore, spendere energia, essere in forma e piacere tratto dall’azione. Ognuno di questi quattro aspetti motivazionali sono tra loro correlati positivamente.
- Amicizia: riguarda il desiderio di stare con gli amici e di farsene di nuovi a cui si aggiunge un terzo motivo relativo al fare qualcosa in cui si è bravi. Pertanto, a questa età lo stabilire relazioni di amicizia è positivamente correlato con la percezione di sentirsi competenti nel calcio
- Divertimento: è composto dalle tre seguenti ragioni: divertirsi, spirito di squadra e piacere tratto dalle sfide. In altri termini, il divertirsi si associa con l’appartenenza a un gruppo e alla percezione di porsi delle sfide che suscitino emozioni
- Esercitarsi in gruppo: è composto da due ragioni che riguardano il desiderio di fare esercizio e il lavoro di squadra. Anche in questo, si conferma che nei più giovani il gruppo è il mediatore essenziale di aspetti motivazionali fondamentali.
- Spendere energia: è composto da tre ragioni; due si riferiscono allo scaricare il nervosismo e al desiderio di entusiasmarsi mentre la terza riguarda il piacere di stare fuori casa. Anche questo fattore motivazionale si caratterizza in termini di soddisfazione emotiva, evidenziando come l’attività calcistica si possa presentare come situazione regolatrice dell’energia psicologica individuale.
Rispetto ai calciatori delle categorie successive si evidenzia che il bisogno di far parte di una squadra, di collaborare insieme e di avere uno spirito di squadra, che costituiscono il fattore squadra, non formano un unico fattore indipendente.
In tal senso, il raggiungere obiettivi sportivi di squadra sembra non essere ancora una componente fondamentale del loro modo di vivere il calcio. Infatti, ognuna di queste tre ragioni si correla a fattori motivazionali distinti e riguardanti l’abilità sportiva, il divertimento e l’esercitarsi in gruppo.
La coesione di squadra non è considerata come aspetto indipendente dagli altri e sembra che i giovani non la considerino un obiettivo da perseguire se si vuole competere con soddisfazione. Viceversa, dopo i 13 anni l’unione della squadra diventa un fattore motivazionale specifico, che viene riconosciuto dai ragazzi come uno degli elementi essenziali che li mantiene coinvolti nella pratica del calcio.
Nella fascia di età di 12-14 anni i giovani entrano nell'adolescenza che per ognuno di loro rappresenta un periodo di grandi cambiamenti biologici, psicologici e sociali e che terminerà con l'entrata del giovane nell'età adulta.
Questa è la cornice in cui s'inseriscono questi primi cambiamenti e che fanno capo a un più globale movimento dell'individuo verso la conquista della propria 'autonomia e indipendenza.
Questa età si caratterizza per la lotta del giovane verso l'affermazione di una propria identità personale.
I ragazzi tendono a porre in discussione le figure e le regole date loro dai genitori, a cui cominciano a contrapporsi con l'affermazione di propri modi di fare.
In questa fase assume grande rilevanza la ricerca di nuovi amici con cui condividere le proprie idee e da portare come riferimento ai genitori per sostenere modelli diversi da quelli parentali.
Inoltre, i ragazzi tendono ad esprimere la loro vicinanza anche emotiva attraverso il loro comportamento non verbale e le azioni piuttosto che con le parole.
Genitori compiacenti o assecondanti ogni richiesta del ragazzo possono svolgere una funzione particolarmente negativa e venire percepiti come delle persone deboli.
A questo riguardo in psicologia esiste una regola non scritta ma condivisa, secondo cui per lo sviluppo del giovane è meglio avere genitori autoritari piuttosto che genitori lassisti o eccessivamente democratici.
Al di là dell'apparente senso politico che possono avere termini come autoritario, questa regola significa che il giovane deve essere guidato attraverso un sistema di norme ben precise e che è assolutamente sbagliato non servirsene e non contrastare quelle richieste del ragazzo che a lungo termine rappresenteranno dei limiti invalicabili al suo sviluppo personale.
Il più importante di questi fattori che consentono lo sviluppo equilibrato è rappresentano dalla scuola.
In questa fascia di età i ragazzi concludono la scuola media inferiore e mediamente il tempo dedicato allo studio sia in coloro che praticano sport e sia negli altri giovani è di due ore al giorno: quindi non è vero che lo sport, in questo caso il calcio, rappresenti un ostacolo al progresso scolastico.
Cosa significa questo: i genitori devono avere veramente a cuore lo sviluppo dei loro figli e non fermarsi all'apparenza derivata dalla loro eventuale bravura nel giocare a calcio.
Non posso non dire che il risultato scolastico è assolutamente prioritario rispetto al risultato sportivo.
Certamente il ragazzo va messo nelle condizioni di poter svolgere con soddisfazione e piacere ambedue le attività, ma nel caso ciò non sia possibile l'apprendimento scolastico dovrà sempre essere messo al primo posto. Non scordiamoci che un ragazzo su 40.000 diventerà un calciatore professionista, e di quelli che hanno rinunciato o a cui i genitori hanno fatto rinunciare al titolo di studio che ne sarà? E non c'è solo la responsabilità della famiglia ma anche delle società sportive: cosa avete fatto per favorire l'integrazione fra calcio e scuola? Sembrano argomenti che toccano il libero arbitrio e che limitano la libera scelta, ma ricordiamoci che nel mondo in cui viviamo sono le persone competenti che vanno avanti mentre gli altri appartengono alla schiera di coloro che non possono scegliere perchè hanno troppo poche competenze. E questo ha un responsabile: la scarsa autorevolezza degli adulti (allenatori, dirigenti sportivi e genitori) che hanno educato questi giovani proprio in questo periodo critico compreso fra i 12-14 anni in cui si passa in maniera evidente dall'infanzia all'adolescenza.
Cosa bisogna fare.
Formulare dei programmi che consentano ai giovani di integrare le richieste della scuola con quelle del calcio, ma soprattutto le società sportive devono pretendere che i giovani calciatori abbiamo un buon profitto scolastico.
Condivido l'impostazione di chi sostiene: gioca chi è bravo a scuola! Bisogna che le società calcistiche s'impegnino nel convincere le famiglie che la competenza scolastica è essenziale, che loro sono d'accordo se il giovane non parteciperà a qualche allenamento perchè deve studiare, che il calcio può essere una professione solo per pochissimi.
Bisogna sfatare un mito o fai sport o studi: non è vero.
Che dire dei ragazzi che imparano uno strumento musicale pur progredendo nel loro percorso scolastico?
Sono convinto che è necessaria la collaborazione dei genitori e che le società sportive devono aiutare i giovani che non vanno bene a scuola.
A questa età gli amici svolgono un ruolo essenziale: per cui se il giovane calciatore percepisce che gli altri suoi coetanei studiano e ottengono risultati positivi, anche lui sarà convinto ad impegnarsi nella stessa direzione.
In tal senso le organizzazioni sportive possono assumere un ruolo chiave nell'influenzare i loro calciatori, sapendo che sarà sufficiente convincere un certo numero per ottenere un effetto positivo su tutti.
Il legame forte da consolidare e confermare con continuità è quello dell'appartenenza al gruppo-squadra.
Questa entità sociale contiene in se stessa gli elementi essenziali che permettono ai omponenti d'identificarsi con il gruppo e di condividere le regole anche se onerose per ognuno diessi.
Questa regole derivano dall'impostazione filosofica della socità sportiva e si concretizza in una serie di modi di pensare/sentire/agire che sono comuni ai membri dl gruppo.
Pertanto un gruppo che abbia come obiettivo il raggiungimento/mantenimento di un equilibrio fra profitto scolastico e sportivo avrà sicuramente successo nel favorire uno sviluppo equilibrato dei giovani.
Infine va ricordato che in un mondo complesso come quello in cui stiamo vivendo, qualsiasi giovane, soprattutto se avrà successo nello sport, deve possedere gli strumenti cognitivi per affrontarlo:
Basta pensare alle insidie del doping in cui molti atleti sono caduti anche a causa della limitatezza dello loro sviluppo intellettuale, mentre al contrario lo studio apre le menti e rende gli individui più competenti nel resistere agli imbrogli e alle apparenze di un successo costruito chimicamente.
Un altro aspetto che caratterizza l'attività che svolgono i giovani di 12-14 anni è il partecipare a competizioni e campionati ufficialmente riconosciute dalla FIGC.
Premesso che l'agonismo è uno degli aspetti costitutivi l'agire umano, la questione da porsi deve riguardare come insegnare ai ragazzi che competere e scoprire i propri limiti è un fatto positivo.
Se nel mondo degli adulti si va affermando la necessità del continuo miglioramento e, quindi, della necessità di essere consapevoli degli errori che si commettono, per partire da questi nell'impostare un programma di automiglioramento, bisogna che questo messaggio positivo sia insegnato ai giovani calciatori.
In particolare, a quelli di questa fascia di età che si trovano a confrontarsi con gli altri coetanei.
Quindi un modo per favorire l'accettazione della competitività, consiste per l'allenatore nel far comprendere ai calciatori che gli errori rappresentano l'unica opportunità di miglioramento e che bisogna assumersi la responsabilità del risultato delle proprie azioni.
E' abbastanza evidente che un simile approccio all'allenamento implica da parte del tecnico uno stile di conduzione del gruppo e comportamenti che siano improntati all'azione e all’impegno.