Il ruolo dello psicologo nelle squadre dilettantistiche.
Come tutti sanno, oramai le scuole calcio "qualificate" necessitano, per norma federale, di uno psicologo, senza il quale non possono richiedere il titolo sovracitato.
Data questa norma sono numerosi i problemi che sorgono all’interno delle strutture calcistiche di base: in primo luogo non tutte le società possono permettersi economicamente, data la loro natura dilettantistica, e spesso autofinanziata, l’assunzione o la collaborazione di uno psicologo; si attinge molto spesso ad una figura professionale indefinita, denominata "lo psicologo", della quale molto spesso si ignorano specializzazione e caratteristiche, con risultati a dir poco lesivi nei confronti di una professione molto specifica che richiede una formazione mirata all’ambito sportivo; in alcuni casi si ricorre a dei prestanome, psicologi che firmano il modulo di censimento federale con qualche società, e che forse hanno visto un campo da gioco solo allo stadio.
Questa breve e superficiale riflessione sullo stato della psicologia dello sport nelle scuole calcio dilettantistiche, sottolinea l’importanza di chiarire il ruolo dello psicologo dello sport in tali strutture, al fine di garantire sia una migliore efficacia del proprio lavoro, sia per garantire un migliore riconoscimento da parte degli organi federali di tale specializzazione.
Atleti Quando si parla di scuole calcio ci si rivolge ad un utenza di "atleti" che va dai 6 ai 12 anni, dove, almeno formalmente, il risultato degli incontri non conta, ma dove si punta sulla maturazione fisica e educativa dei piccoli calciatori.
Tralasciando i casi ove questa premessa è disattesa, e non sono pochi, come relazionarsi a questa tipologia di obiettivi? In letteratura sono numerose le pubblicazioni che riguardano la formazione di piccoli atleti in vista dell’attività agonistica, ma più o meno tutti concordano con il dover favorire non solo una maturazione fisica, ma anche psicologica, o per dir meglio,e in modo più corretto, una maturazione psico-fisica, sia dal punto di vista sportivo che da quello evolutivo.
Formazione Riconoscere gli obiettivi di una formazione dei vari operatori, che incidono sullo sviluppo dei giovani calciatori, è importante, se non fondamentale: è forse l’aspetto più caratterizzante dell’opera dello psicologo dello sport all’interno delle scuole calcio.
Molto spesso si ha a che fare con allenatori e dirigenti, che ignorano, la loro funzione nella crescita dell’allievo, e che anzi mirano, con il loro operato, a soddisfare le proprie ambizioni, senza dar minima importanza agli aspetti psicologici in gioco nell’atto dello sviluppo.
Gli obiettivi di una formazione specifica devono, quindi, essere adeguati rispetto a livelli culturali fra i più disparati; urge quindi fornire conoscenze di base sulle dinamiche dello sviluppo, sulla gestione dei gruppi, e sulla gestione e realizzazione degli obiettivi.
Uno dei problemi principali è verificare, all’inizio della stagione, la congruenza degli obiettivi della dirigenza e di quelli degli allenatori/genitori; pertanto si consiglia all’inizio della stagione sportiva di spendere più tempo possibile sia, come detto, nella formazione specifica di allenatori e dirigenti, sia in incontri tra allenatori, dirigenti e genitori.
E’ utile in tali incontri, che partecipino anche le "alte sfere" societarie,così da poterci permettere di avere una visione d’insieme delle dinamiche relazionali all’interno della società.
Durante questi incontri, è fondamentale sfondare quel muro di diffidenza che ovunque si crea con l’ingresso di uno psicologo in un ambiente sportivo ed educativo: è necessario, quindi, chiarire, soprattutto nei confronti di allenatori e genitori (spesso anche dirigenti), il nostro ruolo e le nostre mansioni.
Corso d'Opera Durante lo svolgimento della stagione agonistica, ci si ritrova a fronteggiare una moltitudine di problemi che necessitano una presenza costante della figura dello psicologo all’interno della società.
Gestire psicologicamente un annata agonistica, o di preparazione a tale annata, è un lavoro molto complesso.
Promuovere chiarezza e rispetto reciproco fra i vari agenti delle relazioni all’interno di una squadra (allenatori, dirigenti, genitori, allievi), necessita una comprensione a tutto tondo delle caratteristiche del gruppo in questione.
Molto spesso gli stessi obiettivi, come detto, vengono fraintesi e mal gestiti.
Si assiste, sovente, ad una proiezione lampante dei desideri di genitori, dirigenti e allenatori, sui ragazzi, che in realtà chiedono solo di giocare, apprendere e divertirsi.
Monitorare i rapporti e gestire i conflitti significa assumere un ruolo riconosciuto all’interno della struttura in questione. Molto spesso, però, date le limitate risorse a disposizione delle associazioni sportive, accade che lo psicologo sia presente nelle piccole società per un quantitativo di ore insufficiente per perseguire gli obiettivi di cui sopra.
La contraddizione che è alla base della situazione odierna, è evidente. La FIGC ha posto un obbligo che le società sono in grado di rispettare solo in maniera formale; questo inficia in maniera importante sul livello di riuscita del lavoro dello psicologo dello sport, che non può con le risorse limitate di una società di bassa levatura fornire un servizio rilevante, ma che anzi rischia di vedere il proprio ruolo frainteso e mal visto.
Vi è quindi un rischio, sempre più palese, di vedere la professione dello psicologo, solo come un vincolo al riconoscimento delle "scuole calcio qualificate", senza una reale comprensione delle tematiche e delle possibilità che tale professione può portare all’interno di una struttura calcistica di base.
Senza alcuna remora si può affermare che il ruolo dello psicologo è fondamentale all’interno delle società sportive, ma per riconoscere tale importanza non basta imporne la presenza.
La formazione federale alle società e agli allenatori è uno strumento importante al fine di migliorare la visione del ruolo dello psicologo, ma lo spazio dedicato alle problematiche relative a questa professione va sicuramente ampliato e strutturato in modo corposo.
Non si ritiene che questo possa risolvere in modo soddisfacente i rischi della situazione attuale, ma sarebbe un segnale importante a livello centrale, che collegato al lavoro sul campo del professionista può nel tempo favorire un miglior riconoscimento della professione dello psicologo dello sport.
Rimangono da definire i paradossi relativi agli aspetti economici nelle scuole calcio dilettantistiche.
Il richiedere la mera firma di uno psicologo sul modulo di censimento federale, non significa vedere scuole calcio assistite da uno specialista: bisognerebbe effettuare studi più attenti legati ai reali strumenti di cui sono in possesso le società dilettantistiche, e perché no, promuovere una supervisione, a livello centrale, del lavoro psicologico all’interno delle società, in modo da ottenere così una visione d’insieme del lavoro svolto (o non svolto) dai professionisti legati a questo settore.
In tal senso si potrebbe favorire sia una formazione specifica degli psicologi, sia un confronto collettivo sulle problematiche sempre nuove che in ambiti non professionistici sono all’ordine del giorno.
Data questa norma sono numerosi i problemi che sorgono all’interno delle strutture calcistiche di base: in primo luogo non tutte le società possono permettersi economicamente, data la loro natura dilettantistica, e spesso autofinanziata, l’assunzione o la collaborazione di uno psicologo; si attinge molto spesso ad una figura professionale indefinita, denominata "lo psicologo", della quale molto spesso si ignorano specializzazione e caratteristiche, con risultati a dir poco lesivi nei confronti di una professione molto specifica che richiede una formazione mirata all’ambito sportivo; in alcuni casi si ricorre a dei prestanome, psicologi che firmano il modulo di censimento federale con qualche società, e che forse hanno visto un campo da gioco solo allo stadio.
Questa breve e superficiale riflessione sullo stato della psicologia dello sport nelle scuole calcio dilettantistiche, sottolinea l’importanza di chiarire il ruolo dello psicologo dello sport in tali strutture, al fine di garantire sia una migliore efficacia del proprio lavoro, sia per garantire un migliore riconoscimento da parte degli organi federali di tale specializzazione.
Atleti Quando si parla di scuole calcio ci si rivolge ad un utenza di "atleti" che va dai 6 ai 12 anni, dove, almeno formalmente, il risultato degli incontri non conta, ma dove si punta sulla maturazione fisica e educativa dei piccoli calciatori.
Tralasciando i casi ove questa premessa è disattesa, e non sono pochi, come relazionarsi a questa tipologia di obiettivi? In letteratura sono numerose le pubblicazioni che riguardano la formazione di piccoli atleti in vista dell’attività agonistica, ma più o meno tutti concordano con il dover favorire non solo una maturazione fisica, ma anche psicologica, o per dir meglio,e in modo più corretto, una maturazione psico-fisica, sia dal punto di vista sportivo che da quello evolutivo.
Formazione Riconoscere gli obiettivi di una formazione dei vari operatori, che incidono sullo sviluppo dei giovani calciatori, è importante, se non fondamentale: è forse l’aspetto più caratterizzante dell’opera dello psicologo dello sport all’interno delle scuole calcio.
Molto spesso si ha a che fare con allenatori e dirigenti, che ignorano, la loro funzione nella crescita dell’allievo, e che anzi mirano, con il loro operato, a soddisfare le proprie ambizioni, senza dar minima importanza agli aspetti psicologici in gioco nell’atto dello sviluppo.
Gli obiettivi di una formazione specifica devono, quindi, essere adeguati rispetto a livelli culturali fra i più disparati; urge quindi fornire conoscenze di base sulle dinamiche dello sviluppo, sulla gestione dei gruppi, e sulla gestione e realizzazione degli obiettivi.
Uno dei problemi principali è verificare, all’inizio della stagione, la congruenza degli obiettivi della dirigenza e di quelli degli allenatori/genitori; pertanto si consiglia all’inizio della stagione sportiva di spendere più tempo possibile sia, come detto, nella formazione specifica di allenatori e dirigenti, sia in incontri tra allenatori, dirigenti e genitori.
E’ utile in tali incontri, che partecipino anche le "alte sfere" societarie,così da poterci permettere di avere una visione d’insieme delle dinamiche relazionali all’interno della società.
Durante questi incontri, è fondamentale sfondare quel muro di diffidenza che ovunque si crea con l’ingresso di uno psicologo in un ambiente sportivo ed educativo: è necessario, quindi, chiarire, soprattutto nei confronti di allenatori e genitori (spesso anche dirigenti), il nostro ruolo e le nostre mansioni.
Corso d'Opera Durante lo svolgimento della stagione agonistica, ci si ritrova a fronteggiare una moltitudine di problemi che necessitano una presenza costante della figura dello psicologo all’interno della società.
Gestire psicologicamente un annata agonistica, o di preparazione a tale annata, è un lavoro molto complesso.
Promuovere chiarezza e rispetto reciproco fra i vari agenti delle relazioni all’interno di una squadra (allenatori, dirigenti, genitori, allievi), necessita una comprensione a tutto tondo delle caratteristiche del gruppo in questione.
Molto spesso gli stessi obiettivi, come detto, vengono fraintesi e mal gestiti.
Si assiste, sovente, ad una proiezione lampante dei desideri di genitori, dirigenti e allenatori, sui ragazzi, che in realtà chiedono solo di giocare, apprendere e divertirsi.
Monitorare i rapporti e gestire i conflitti significa assumere un ruolo riconosciuto all’interno della struttura in questione. Molto spesso, però, date le limitate risorse a disposizione delle associazioni sportive, accade che lo psicologo sia presente nelle piccole società per un quantitativo di ore insufficiente per perseguire gli obiettivi di cui sopra.
La contraddizione che è alla base della situazione odierna, è evidente. La FIGC ha posto un obbligo che le società sono in grado di rispettare solo in maniera formale; questo inficia in maniera importante sul livello di riuscita del lavoro dello psicologo dello sport, che non può con le risorse limitate di una società di bassa levatura fornire un servizio rilevante, ma che anzi rischia di vedere il proprio ruolo frainteso e mal visto.
Vi è quindi un rischio, sempre più palese, di vedere la professione dello psicologo, solo come un vincolo al riconoscimento delle "scuole calcio qualificate", senza una reale comprensione delle tematiche e delle possibilità che tale professione può portare all’interno di una struttura calcistica di base.
Senza alcuna remora si può affermare che il ruolo dello psicologo è fondamentale all’interno delle società sportive, ma per riconoscere tale importanza non basta imporne la presenza.
La formazione federale alle società e agli allenatori è uno strumento importante al fine di migliorare la visione del ruolo dello psicologo, ma lo spazio dedicato alle problematiche relative a questa professione va sicuramente ampliato e strutturato in modo corposo.
Non si ritiene che questo possa risolvere in modo soddisfacente i rischi della situazione attuale, ma sarebbe un segnale importante a livello centrale, che collegato al lavoro sul campo del professionista può nel tempo favorire un miglior riconoscimento della professione dello psicologo dello sport.
Rimangono da definire i paradossi relativi agli aspetti economici nelle scuole calcio dilettantistiche.
Il richiedere la mera firma di uno psicologo sul modulo di censimento federale, non significa vedere scuole calcio assistite da uno specialista: bisognerebbe effettuare studi più attenti legati ai reali strumenti di cui sono in possesso le società dilettantistiche, e perché no, promuovere una supervisione, a livello centrale, del lavoro psicologico all’interno delle società, in modo da ottenere così una visione d’insieme del lavoro svolto (o non svolto) dai professionisti legati a questo settore.
In tal senso si potrebbe favorire sia una formazione specifica degli psicologi, sia un confronto collettivo sulle problematiche sempre nuove che in ambiti non professionistici sono all’ordine del giorno.