Colantuono

La mobilità articolare.

La mobilità articolare si pone come qualità motoria in una posizione intermedia tra le capacità condizionali e quelle coordinative ed è per questo che riteniamo fondamentale definire in modo puntuale il concetto stesso.

Definizione del concetto
Secondo alcuni Autori, la "mobilità articolare" è la capacità e la qualità che permette ad un atleta di eseguire movimenti di grande ampiezza, in una o più articolazioni, con le proprie forze o grazie all’intervento di forze esterne. Quindi "mobilità articolare" è sinonimo di "flessibilità".
L’"articolarità" (riferita alla struttura delle articolazioni), e la capacità di allungamento (che riguarda muscoli, tendini, legamenti e capsula articolare) vanno considerate, componenti della mobilità articolare e, quindi, due concetti subordinati ad essa (Frey, 1977).

Classificazioni di mobilità articolare
Si parla di mobilità articolare generale indicando con essa la capacità di escursione del movimento nei principali sistemi articolari e di mobilità articolare speciale se ci riferiamo ad una determinata articolazione.
E’ indicata come mobilità articolare attiva la massima escursione di un movimento articolare raggiunta da un atleta, contraendo i muscoli agonisti e, parallelamente, rilassando gli antagonisti e come mobilità articolare passiva la massima raggiunta per l’azione di forze esterne (forza di gravità, attrezzi, azione di un compagno), grazie alla capacità di allungamento o di rilassamento dei muscoli antagonisti (Harre 1976). La mobilità passiva è sempre maggiore di quella attiva. La differenza tra mobilità passiva e attiva viene definita riserva di movimento (Frey 1975) ed indica fino a che punto può essere migliorata la mobilità attiva, potenziando gli agonisti o aumentando la capacità di allungamento degli antagonisti.

L'importanza della mobilita' articolare
La mobilità articolare rappresenta un presupposto elementare per un’esecuzione qualitativamente e quantitativamente migliore di un movimento (Harre 1976). Per questa ragione, il suo miglioramento rappresenta una componente indispensabile del processo di allenamento.
I vantaggi di un suo sviluppo ottimale sono:
  • miglioramento quantitativo e qualitativo dell’esecuzione del movimento: infatti senza una sufficiente capacità di allungamento e di rilassamento della muscolatura è difficile che si possa eseguire un movimento coordinativamente e tecnicamente perfetto in quanto limitato dal punto di vista dinamico. Un aumento della mobilità articolare provoca un miglioramento della fluidità, dell’armonia e dell’espressività del movimento.
  • miglioramento del processo di apprendimento motorio: in quanto i mezzi e gli strumenti per sviluppare la mobilità sono fra quelli che mirano a migliorare la conoscenza (consapevolezza) dei propri segmenti corporei.
  • miglioramento delle forme principali di sollecitazione motoria di tipo condizionale: in quanto sia forza che rapidità traggono vantaggi da una maggiore mobilità articolare perché si possono eseguire movimenti più rapidi e potenti. Infatti la traiettoria di accelerazione del movimento si allunga diminuendo la resistenza dei muscoli antagonisti e, per via riflessa, grazie all’aumento del pre-stiramento, possono essere coinvolte un numero maggiore di fibre muscolari. Una muscolatura accorciata e con minor capacità di allungamento ha anche minor forza. E’ importante sapere inoltre che dopo un allenamento di forza, la mobilità o la capacità di allungamento del muscolo allenato diminuisce dal 5 al 13% e questo stato si mantiene fino a 48 ore dopo la fine dell’allenamento. Se, invece, l’allenamento di forza si conclude con un allenamento della mobilità articolare, si produce un miglioramento della mobilità che dura 48 ore (Solveborn,1983). Attualmente anche gli sport di resistenza eseguono un programma mirato all’allungamento dei muscoli interessati al movimento di corsa, in quanto porta ad un aumento dell’economia di corsa e ad un minor dispendio di energia. Grazie alla riserva di mobilità, l’esecuzione dei movimenti di corsa può essere più facile.
  • prevenzione dei traumi e delle lesioni: lo sviluppo ottimale della mobilità articolare producendo una maggiore elasticità, capacità di allungamento e di rilassamento dei muscoli, dei tendini e dei legamenti interessati, fornisce un importante contributo ad una buona tollerabilità del carico ed alla prevenzione degli infortuni.
  • prevenzione posturale e degli squilibri muscolari: le tecniche di allungamento impediscono che i muscoli sollecitati da esercizi di rapidità o di forza rapida, subiscano, a lungo termine, un accorciamento, con le conseguenze negative che comportano. Anche gli accorciamenti muscolari prodotti da posture passive prolungate, possono essere compensati dall’esecuzione regolare di esercizi di allungamento
  • ottimizzazione della capacità di ristabilimento: è importante eseguire tecniche di allungamento durante il "defaticamento" per accelerare il ristabilimento dopo i carichi. Infatti, dopo il carico, la muscolatura presenta un aumento del suo stato di tensione (ipertono), che è negativo per i processi di recupero. Per cui, la muscolatura deve essere allungata per abbassarne il tono ed in questo modo rendere ottimali i processi di ristabilimento. Però, non tutti i metodi di stretching sono ugualmente adatti ad un recupero rapido nella fase successiva del carico. Secondo Schobert e altri (1990), l’allungamento intermittente (alternanza di allungamento e rilassamento ogni 10'') è quello che contribuisce meglio ad un rapido recupero dopo un carico, in quanto questa alternanza favorisce il ritorno alla normalità delle condizioni dell’irrorazione sanguigna, l’eliminazione delle scorie dei processi metabolici e la ricostituzione delle riserve energetiche. Nel caso del recupero, il metodo di stretching classico (easy stretch), eseguito per un periodo di tempo prolungato, è simile ad un lavoro isometrico ed influisce negativamente sull’irrorazione sanguigna, danneggiando la trasformazione d’energia per via ossidativa.
  • regolazione psichica: una muscolatura contratta, generalmente, è accompagnata da uno stato di tensione psichica. Per questo, l’allungamento della muscolatura non provoca soltanto un abbassamento del tono muscolare, ma anche una distensione psichica, che accelera la rigenerazione dopo il carico.

L'allenabilità della mobilità articolare
Il modo più rapido per sviluppare la mobilità articolare è allenarla una o due volte al giorno (Harre 1976). Dato che l’età ottimale per il suo allenamento è tra gli 11 ed i 14 anni (Sermejew 1964), il lavoro principale per il suo addestramento deve essere svolto in questo periodo. Secondo Zaciorskij (1972), in seguito, è necessario soltanto mantenerla al livello raggiunto, con un processo di allenamento correttamente dosato.

Le basi anatomo-fisiologiche della mobilità articolare
La capacità di movimento delle articolazioni è il risultato della forma e della direzione (guida) delle loro ossa e superfici articolari e, quindi, può differire, più o meno notevolmente, da soggetto a soggetto, a causa delle diverse caratteristiche anatomiche individuali (Farfel 1979). La mobilità articolare, come la capacità di allungamento, può essere aumentata con un allenamento intensivo, anche se solo entro certi limiti. Il carico può indurre cambiamenti nelle articolazioni, come dimostrano ricerche su ballerini (Berquet 1979).
Uno sviluppo estremo della massa muscolare può portare, in parte, a limitazioni della mobilità, di natura puramente meccanica. Però, nello sport, una limitazione della flessibilità, dovuta a fattori meccanici, rappresenta piuttosto un’eccezione. Harre (1976) è riuscito a dimostrare che, se viene svolto un allenamento adeguato della mobilità articolare, la capacità di allungamento della muscolatura non viene danneggiata dall’aumento della massa.
I fattori che limitano la capacità di allungamento di un muscolo sono:
  • la resistenza opposta ad esso dalle strutture muscolari,
  • il tono o la capacità di rilassamento del muscolo stesso.

In quest’ultimo, un ruolo importante viene svolto dai fusi muscolari – che sono le strutture preposte a recepire il grado di stiramento del muscolo, disposte in parallelo rispetto alle fibre muscolari. I fusi neuromuscolari sono importanti non solo per la regolazione del valore necessario o il mantenimento del tono muscolare ma per proteggere la muscolatura da stimoli eccessivi di allungamento. Per loro tramite, viene regolato centralmente il tono muscolare abbassandolo od innalzandolo a seconda delle necessità. La sensibilità dei fusi muscolari agli stimoli di allungamento, controllata dal sistema gamma, può essere aumentata o diminuita da diversi fattori, fra questi: l’affaticamento (aumenta la soglia di eccitazione), l’ansia pre-gara (abbassa la soglia),... Le componenti della muscolatura che oppongono la maggior resistenza all’allungamento non sono gli elementi contrattili delle fibre muscolari, ma le componenti di natura connettivale del muscolo (fasce muscolari e sarcolemma). Il miglioramento dell’elasticità muscolare ma anche dell’apparato legamentoso, tendineo e capsulare, si ottiene in modo duraturo, influendo sulle qualità meccaniche del muscolo, attraverso cambiamenti biochimici o strutturali dovuti ad un continuo allenamento di stretching (raggiungono dimensioni del 20-30%, si svolgono molto rapidamente e sono completamente reversibili. Cotta, 1978) o temporaneo, attraverso un riscaldamento specifico in modo da aumentare la capacità di allungamento proporzionalmente all’aumento della temperatura corporea che fa diminuire la viscosità del muscolo aumentando la fluidità del sarcoplasma. E’ importante sottolineare che la viscosità non incide più di un decimo della resistenza complessiva (Johns, Wright, 1962).
Quindi la mobilità articolare viene influenzata, essenzialmente, dalla resistenza delle fasce muscolari, dei tendini e delle capsule articolari (Ramsey, street, 1940; Johns, Wrigth, 1962). Rispetto al muscolo, l’estensibilità di tendini, legamenti e capsule, può essere migliorata solo entro limiti molto ridotti. Ciò è dovuto alla funzione di stabilizzazione delle articolazioni che esse ricoprono e al minor modulo di elasticità connesso a tale funzione (sono meno estensibili a causa del materiali dei quali sono prodotti).
Secondo Cotta (1978), tendini, legamenti ed aponeurosi muscolari, con l’aumento dell’età, manifestano una diminuzione del numero delle cellule, una perdita di mucopolisaccaridi che sono complessi di proteine e di polisaccaridi che riempiono il reticolo di fibrille di collagene ed i fasci di fibrille e hanno un elevato potere idrofilo determinando così in una percentuale notevole il comportamento meccanico del tessuto e una riduzione delle fibre elastiche.
Un allenamento regolare non può annullare del tutto queste involuzioni però può influenzare notevolmente il grado con il quale si manifestano questi processi. L’elasticità e la capacità di allungamento della muscolatura, dei legamenti e dei tendini e, quindi, la mobilità in generale, sono leggermente maggiori nelle donne: in tutte le fasi dello sviluppo e anche da adulte. Ciò è causato dalle differenze ormonali. Il maggior tasso di estrogeni porta ad una maggior ritenzione di acqua (Ganong, 1972), ad un aumento del tessuto adiposo, ad una minor massa muscolare. In conclusione la capacità di allungamento nella donna è leggermente maggiore grazie alla diversa densità del tessuto.

Metodi di allenamento della mobilità articolare
Il metodo elettivo nell’allenamento della mobilità articolare è il lavoro ripetuto.
Dato che l’efficacia di un’unica esecuzione di un esercizio o di singoli esercizi di allungamento massimo è insufficiente per ottenere un effetto di allenamento, si consiglia di stabilire un numero di ripetizioni a circa 15, quello delle serie a circa 3-5 (Harre,1976).
I contenuti specifici per la formazione della mobilità articolare sono gli esercizi di allungamento dinamico attivo e passivo e quelli statici. Nel caso dei primi, si tratta di movimenti semplici della ginnastica di base e di quella funzionale che, a seconda della loro applicazione, agiscono su determinati gruppi muscolari, attraverso movimenti di molleggio o di oscillazione (chiamati anche balistici), cercano di andare oltre ai normali limiti di mobilità delle articolazioni e sono considerati esercizi intensi.
L’aspetto positivo degli esercizi di allungamento attivo è che determinati muscoli vengono allungati, grazie all’attività di contrazione dei loro antagonisti, contribuendo così al loro potenziamento. Questo metodo è importante soprattutto in quegli sport nei quali la mobilità dinamica (dynamic flexibility), svolge un ruolo determinante per la prestazione. Però questo metodo ha importanti aspetti negativi dal punto di vista dell’aumento duraturo della mobilità articolare e della prevenzione dei traumi. L’improvviso e dinamico stimolo di allungamento, dall’azione brevissima, innesca, attraverso i fusi neuromuscolari, un riflesso da stiramento molto pronunciato, che in questo tipo di allungamento attivo ha un’intensità quasi doppia del metodo di stretching statico. Ciò provoca una limitazione dell’allungamento, che comporta un rischio di traumi da non sottovalutare.
Gli esercizi passivi di allungamento prevedono l’uso di forze esterne per portare in una posizione forzata di allungamento determinati gruppi muscolari, senza che vengano potenziati i loro antagonisti. Questi esercizi chiamati dinamico/passivi producono un’alternanza ritmica tra aumento e riduzione dell’ampiezza del movimento. Se eseguito correttamente, l’addestramento della mobilità articolare passiva rappresenta una forma di esercitazione molto utile ed efficace ma integrativa. Ma se applicato in modo inadeguato (allungamento improvviso o violento) presenta rischi non trascurabili di traumi.
Il metodo statico di allungamento o stretching prevede che venga assunta lentamente (in circa 5''), una posizione di allungamento che viene successivamente mantenuta da un minimo di 10'' ad un massimo di 60''.
Rispetto ai metodi precedenti o alle loro varianti, lo stretching cerca di ridurre al massimo il riflesso di stiramento. Per questo il rischio di infortuni è ridotta al minimo. Nello stretching viene utilizzato il cosiddetto riflesso inverso da stiramento dei fusi neuro-tendinei del Golgi, che si trovano sull’inserzione tra muscolo e tendine. I fusi neuro-tendinei del Golgi sono recettori della tensione e proteggono il muscolo dal suo sviluppo eccessivo. Però la loro soglia di eccitazione agli stimoli di allungamento è notevolmente più elevata dei fusi neuromuscolari. Per questa ragione, è necessario un allungamento intenso dell’unità funzionale muscolo-tendinea, perché entrino in funzione come recettori dell’allungamento.
Quando lo stato di allungamento supera una certa soglia, improvvisamente, per azione dei fusi neuro-tendinei, si interrompe la tensione muscolare di protezione del muscolo e quindi il muscolo si rilassa. Si parla di inibizione autogena, un processo che deve servire a proteggere il muscolo o l’inserzione muscolare.

L'allenamento della mobilità articolare nel processo di programmazione a lungo termine: periodizzazione.
Tra tutte le principali forme di sollecitazione motoria, la mobilità articolare è l’unica che raggiunge il suo massimo nell’età infantile, dopo la quale, se non viene esercitata, regredisce. Per questa ragione, la sua esercitazione dovrebbe essere iniziata molto precocemente così da poterla mantenere da adulti allo stesso livello, svolgendo un allenamento di mantenimento mirato. Nella maggior parte degli sport esiste una tendenza alla formazione precoce di accorciamenti muscolari che può essere evitata attraverso un apposito allenamento della mobilità articolare o ricorrendo allo stretching.
Dunque, per lo stretching non si dovrebbe parlare di cicli annuali, ma di un allenamento svolto per tutto l’anno, possibilmente ogni giorno, in quanto la sua azione è tanto maggiore, quanto più è frequente.
Comunque, alcune ricerche dimostrano che già tre sedute di stretching settimanali, in atleti sani, bastano a riportare alla loro lunghezza normale i muscoli che tendono ad accorciarsi.
In generale, gli atleti che hanno subito una pausa nell’esercitazione della mobilità articolare a causa di un infortunio, hanno bisogno di un periodo di circa sei settimane per raggiungere, di nuovo, la flessibilità ottimale per l’attività di allenamento. Il programma minimo giornaliero, dovrebbe essere di durata tale da non essere avvertito come un ulteriore impegno, ma come qualcosa che fa parte della giornata, come lavarsi i denti.

Esercizi principali di allungamento.
Consigliamo i seguenti esercizi di allungamento come esercitazioni necessarie da proporre ad atleti i cui sport prevedono soprattutto movimenti di corsa e degli arti inferiori. Tricipite surale: è un muscolo composto da gastrocnemio e da soleo. La posizione di partenza prevede spalle/busto anche parallele al piano frontale. La distanza dei piedi è uguale alla larghezza delle anche. Le punte dei piedi sono parallele e i talloni sono in appoggio al terreno.


Posizione (a):
piegare leggermente la gamba dietro fino alla messa in tensione del tricipite surale (viene allungato prevalentemente il soleo).
Posizione (b):
piegare le braccia portando spalle/busto anche - coscia in posizione inclinata fino alla messa in tensione del tricipite surale, con questa posizione viene allungato prevalentemente il gastrocnemio.


Quadricipite: la posizione di partenza prevede spalle/busto anche, parallele al piano frontale. Il piede a terra è perpendicolare al piano frontale. La gamba flessa ha la coscia addotta e il ginocchio puntato verso il terreno. Nella messa in tensione si ricerca una anteversione del bacino e un avvicinamento del tallone ai glutei.


Ileo-psoas: la posizione di partenza è in affondo sagittale. Il bacino e le spalle rimangono parallele al piano frontale. Il peso del corpo è spostato sull’arto avanti, in modo da mettere in tensione la zona sottolineata dalla figura.


Ischio-crurali: La posizione di partenza presenta il busto flesso avanti, gli arti inferiori incrociati sul piano frontale e in posizione di equilibrio. Per portare in tensione i muscoli in tensione, il busto viene spinto verso il terreno e gli arti ricercano una iperestensione.


Adduttori: La posizione di partenza è in affondo sul piano frontale. Spalle, busto ed anche sono paralleli al piano frontale. Per porre in tensione i muscoli in oggetto occorre accentuare l’affondo mantenendo teso l’arto corrispondente all’adduttore da allungare.


Schiena (tratto lombare): La posizione di partenza consiste nel flettere il busto avanti, con gli arti inferiori semipiegati. La messa in tensione consiste nel cercare di avvicinare il busto agli arti inferiori che cercano di stendersi più possibile.