Conte

Infortuni muscolari: la punta dell'iceberg.

Durante una partita di calcio troppo spesso assistiamo ad infortuni muscolari dove il calciatore riporta uno stiramento (durante un’accelerazione in avanti o cambio di direzione repentino) senza contrasto con l’avversario.
Quando un’atleta "si fa male da solo" sorgono numerosi interrogativi sulla qualità ed efficacia della preparazione fisica troppo spesso indirizzata ad uno sviluppo del trofismo muscolare e più difficilmente rivolta ad un esame obiettivo e piano di lavoro differenziato per ciascun calciatore.
In realtà l’infortunio muscolare rappresenta, a mio avviso, solo la punta dell’ iceberg poiché prima dell’infortunio quel calciatore, se valutato in maniera opportuna, avrebbe probabilmente evidenziato alti parametri di stiffness (rigidità della muscolatura).
Ho cercato di spiegare come la preparazione fisica possa essere integrata e ripensata utilizzando alcune tecniche francesi di allungamento globale che non solo prevengono gli infortuni ma migliorano il gesto tecnico del tiro e la capacità di corsa.

Lo sviluppo della Forza
In questi anni la preparazione fisica ha privilegiato troppo spesso l’allenamento della Forza intesa come potenziamento dei singoli gruppi muscolari attraverso l’utilizzo delle macchine per la muscolazione dimenticandosi che uno degli obiettivi primari rimane lo sviluppo della capacità di accelerazione. Come ricorda Capanna queste macchine possono essere addirittura nocive per l’integrità della muscolatura in quanto obbligano l’atleta a lavorare utilizzando una coordinazione intramuscolare ed intermuscolare non consona all’esigenze della corsa.
Le macchine agiscono parzialmente e settorialmente senza tener presente la chinesiologia delle catene muscolari che invece prevedono un lavoro globale.
Lo sviluppo della Forza dovrebbe, a mio avviso, tener ben presente il lavoro e la funzione delle catene muscolari poiché si rischia altresì di ridurre in modo sensibile l’estendibilità muscolare, correndo rischi di infortuni, ma anche di incidere negativamente sulla mobilità articolare.

Le catene muscolari
"Le catene muscolari rappresentano circuiti in continuità di direzione e di piano attraverso i quali si propagano le forze organizzatrici del corpo"
In pratica se si prende atto di come funzionano le catene muscolari difficilmente si possono proporre esercizi analitici e locali poiché il corpo umano opera in perfetta sinergia ed integrazione.
Il nostro corpo è una struttura integrata dove i vari apparati e circuiti comunicano tra loro influenzandosi a vicenda. Il sistema nervoso controlla le diverse parti e tutte le informazioni, pertanto i vari insiemi del corpo non sono mai indipendenti gli uni dagli altri ma si integrano a vicenda con feed-back continui e costanti.
La catena statica posteriore, le catene rette anteriori e posteriori intervengono nei gesti tecnici ma anche nella vita quotidiana di ciascun atleta.
I compensi statici ed in particolare dinamici del calciatore, durante una partita amichevole o ufficiale, rappresentano dei dati inequivocabili che in preparatore non deve trascurare.
L’occhio del tecnico che osserva la tattica si integra perfettamente con quello del preparatore che sa osservare la corsa e il gesto tecnico dal punto di vista biomeccanico e chinesiologico.

Mobilità articolare
Come ricordava Bosco la mobilità articolare rappresenta un prerequisito fondamentale ad una tecnica del tiro ottimale.
Allenatori professionisti mi facevano osservare come alcuni calciatori si fanno male "da soli" calciando la palla. Il punto è che bisogna iniziare un lavoro di Ginnastica Posturale Globale prima che l’atleta si infortuni poiché sono diversi i campanelli di allarme che talvolta non vengono presi in considerazione.
I muscoli della catena posteriore, nella maggior parte dei calciatori che ho avuto modo di seguire, risultano troppo accorciati e pertanto riducono la mobilità articolare nell’esecuzione di un tiro o di un traversone dal fondo.
È evidente che muscoli rigidi possono subire infortuni poiché, dopo diverse sollecitazioni, tendono a stirarsi in modo particolare dopo scatti e cambi di direzione.

Debolezza o rigidità?
La patologia della muscolatura è da sempre stata riconosciuta ed identificata con la debolezza. Con i professionisti parlare di debolezza della muscolatura può apparire paradossale in quanto questi calciatori sono impegnati tutto la stagione agonistica in un lavoro di rafforzamento che comporta evidenti masse muscolari ed un trofismo tuttavia non sempre adeguato alla performance richiesta da questo tipo di sport.
Altresì osserviamo calciatori con un fisico piuttosto esile dotati di un’ottima capacità di accelerazione e di un tiro estremamente potente.
In letteratura scientifica la coordinazione e la capacità di reclutamento delle unità motorie da parte del sistema nervoso trovano un ampio spazio per giustificare una prodezza che comporta una tecnica notevole.
In questi anni di studio ho cercato di dimostrare come un ruolo determinante venga esercitato dall’estendibilità muscolare che è inversamente proporzionale allo stiffness (rigidità della muscolatura).
Calciatori poco flessibili difficilmente calciano e corrono in maniera efficace, quando compiono gesti tecnici evidenziano compensi dinamici estremamente significativi.
Quando si parla di rafforzamento bisognerebbe pensare che se viene trascurato lo stiffness si rischia di creare più danni che benefici sul piano funzionale (in quanto si limita la prestazione) e si incrementa la possibilità di infortuni nell’arco non solo della stagione ma anche dell’intera vita agonistica dell’atleta.
Alla fine di una corsa i muscoli antagonisti si attivano per frenare l’arto accelerato dalla contrazione degli agonisti. Quando il calciatore sposta un carico producendo la massima potenza, la forza e la velocità del movimento saranno entrambe piuttosto elevate ragion per cui l’attività che gli antagonisti dovranno sviluppare sarà necessariamente elevata.
Quando il calciatore professionista subisce un infortunio ai muscoli posteriori della coscia credo che difficilmente si possa parla di "debolezza" della muscolatura.
Gli ischo-crurali fanno parte della catena muscolare posteriore che, dalla mia esperienza, risulta quasi sempre contratta e va allungata solo nella sua interezza.

Limiti dello stretching classico
Lo stretching classico non evita i compensi della muscolatura e in letteratura scientifica è stato dimostrato che se viene effettuato prima di una prestazione sportiva limita le potenzialità di forza esplosiva e non previene i danni muscolari
Senza addentrarmi in considerazioni fisiologiche (che ho già esposto in precedenti pubblicazioni) posso affermare che la didattica e la tecnica della “messa in tensione globale” della muscolatura sono completamente differenti dallo stretching classico.
Anche i tempi e l’intensità del lavoro cambiano notevolmente.
Bisogna tuttavia riconoscere che lo stretching (proposto inizialmente negli anni settanta) abbia contribuito in maniera concreta allo sviluppo di nuove tecniche che stranamente appaiono, ancor oggi, per alcuni addetti ai lavori una vera e propria rivoluzione.
Molti corsisti che hanno partecipato ai miei seminari si sono concentrati soprattutto sulla tecnica tuttavia il vero salto di qualità iniziale consiste, a mio avviso, nel passaggio (o cambiamento) dal lavoro analitico al lavoro globale. Infatti ogni muscolo è indissociabile dalla catena muscolare che lo coinvolge pertanto allungamenti analitici risultano poco produttivi.

Proposte operative
Prima di iniziare una programmazione di preparazione fisica è necessario soffermarsi a lungo sull’esame obiettivo del singolo calciatore.
La rigidità di alcune catene muscolari può essere evidenziata sia sul piano statico che su quello dinamico (durante la partita) per valutare i compensi del tiro e della corsa in accelerazione.
Lavorare sulla potenza dei singoli muscoli (almeno teoricamente) senza considerare la globalità del corpo umano è come aumentare la potenza di un’autovettura lasciando il freno a mano tirato.
È difficile individuare ed incrementare le potenzialità di un calciatore lasciando questi limiti. La misurazione che avviene con macchine, pedane e congegni elettronici può interessare fino ad un certo punto poiché bisogna considerare i livelli di partenza di ciascun atleta che sono strettamente collegati col vissuto di ogni singolo calciatore oltre che, naturalmente, dal patrimonio congenito individuale.
Le capacità di Forza, Resistenza e Velocità specifici e strettamente funzionali al gioco del calcio devono passare da un perfetto equilibrio tra trofismo ed estendibilità muscolare in modo da farci raggiungere una performance ottimale.
Le proposte operative di allungamento globale devono tener conto di alcuni aspetti metodologici:
  • esame posturale individuale
  • lavoro singolo o a piccoli gruppi omogenei
  • valutazione costante della risposta del singolo (modulazione dell’intervento secondo il feed-back)
  • valutazione dell’ appoggio del piede e lavoro del piede
  • posture in fase passiva dai 10 ai 30 minuti
  • scelta delle posture e dell’intensità delle stesse anche attraverso test e foto oltre che a valutazioni obiettive
  • passaggio lento e graduale da posture "passive" a posture attivo-passive
  • posture attive solo per calciatori con una buona estendibilità muscolare
  • posture antalgiche quotidiane per i soggetti con elevato grado di stiffness
  • presa di coscienza e coinvolgimento dell’atleta in tutte le posture
  • respirazione diaframmatica e diversa a seconda le fasi del lavoro.
  • dimostrazione al calciatore dei risultati ottenuti attraverso test e foto

Conclusioni
La mia pubblicazione desidera essere un suggerimento per tutti i preparatori che si limitano ad inserire le posture di allungamento globale nel programma di allenamento senza trovare un collegamento funzionale e metodologico con il rimanente piano di lavoro.
I principi metodologici e scientifici a cui si ispira la scuola francese (F. Mézières su tutti) mette in discussione la preparazione fisica "tradizionale" ed in modo particolare le modalità di rafforzamento della muscolatura.
Ritengo che il lavoro analitico (attraverso le macchine e l’ultilizzo dello stretching classico) diventi inconciliabile con la teoria e la didattica della Ginnastica Posturale Globale.
Le rigidità della muscolatura del calciatore ed i compensi si evidenziano particolarmente durante il lavoro di "messa in tensione globale" dove l’atleta compie uno sforzo decisamente elevato per raggiungere buoni livelli di estendibilità muscolare.
Il calciatore diventa estremamente collaborativo quando si infortuna, mentre quando è "integro" la proposta operativa viene accettata con difficoltà se non si è spiegato l’importanza di questo lavoro.
L’infortunio (dal latino Infortunium nel senso di sorte avversa o disgrazia) ancora oggi purtroppo viene considerato, da molti addetti ai lavori, un evento del tutto incontrollabile, dovuto al caso avverso o alla sfortuna.
In realtà i limiti e le potenzialità della performance sportiva in questi anni sono stati indagati e definiti, pertanto l’infortunio trova (molto spesso) una spiegazione scientifica.
La ginnastica posturale globale ha come obiettivo principale quello di migliorare un gesto tecnico fondamentale come il tiro, la capacità di accelerazione e di conseguenza quello di ridurre infortuni muscolari determinati da un’eccessiva rigidità muscolare.